06/09/13

CHE COS'E' LA CULTURA?

di Claudio Silvestrelli

Ho sognato di chiedere a mia figlia di disegnare la Cultura e lei ha disegnato una giostra con tanti bambini. Io, che invece avrei disegnato un’immensa libreria, le ho chiesto perché, lei mi ha risposto “Babbo, sei tu che dici che la Cultura è quella magia che ci fa stare tutti insieme!”.
Proprio così, la Cultura non è altro che una vecchia giostra (una di quelle con il “grande volante” al centro, per intenderci), dove tutti salgono e scendono, si guardano e sorridono. La Cultura è nelle esperienze di tutti i giorni: negli I-Pod e nei teatri, nei ristoranti e nei musei, sui muri di città e nelle pinacoteche. La Cultura è la nostra identità, che cambia nel corso dei secoli. Ad esempio noi siamo italiani se mangiamo la pasta ma anche se balliamo il tango, se in un’e-mail ci congediamo scrivendo con affetto ma anche “tvb”; siamo italiani anche se cantiamo Let it be o Mama Lover, perché allo stesso tempo Giuseppe Verdi e Domenico Modugno fanno cantare Va’ pensiero e Volare a tutto il mondo.
Mi rendo conto che la prima cosa da fare in favore della nostra Cultura è difenderla. Come? Parlandone sempre e con ogni mezzo. Quanti personaggi famosi fanno campagne a favore della Cultura? Quante sono le campagne promozionali ad opera del Governo che trattano l’argomento Cultura? Al momento non ne ricordo nessuna. Eppure il Ministero delle Finanze si preoccupa di far girare una pubblicità in cui esorta (giustamente) i cittadini a non evadere le tasse. E il Ministro dei Beni e le Attività Culturali? Fa la dichiarazione più semplice e “corretta” (per usare degli eufemismi) sostenendo che in momenti di crisi non è il caso di chiedere l’elemosina al Ministro dell’Economia. E’ davvero difficile capire perché negli altri Stati europei non la pensano assolutamente allo stesso modo.
Non credo serva colpevolizzare solo le effimere risorse elargite dallo Stato, credo piuttosto che, come in tutte le realtà che vivono problemi, le colpe siano equamente distribuite. I fondi non saranno mai abbastanza se non vengono ben investiti; un teatro di tradizione che ogni stagione deve produrre e mettere in scena una grande Opera lirica, anziché noleggiarne le partiture, potrebbe pensare ad una nuova edizione strettamente connessa alla regia. Certo sarebbe oneroso, ma non quanto il noleggio degli anni precedenti e quelli a venire. Ritengo sia inutile abolire le orchestre stabili, piuttosto bisognerebbe chiedere ai musicisti di suonare di più e non di pretendere di meno. Sarebbe utile che tutte le orchestre provassero a mettere fuori il naso dai teatri e dai conservatori per farsi conoscere da un pubblico più vasto proponendo il proprio repertorio in maniera costruttiva, rinnovandolo continuamente. I teatri non dovrebbero legare la loro esistenza e produttività al proprio status, ma raggiungere il proprio pubblico ovunque esso si trovi: al mare per le ferie, in montagna per la villeggiatura, nelle strade durante la quotidianità.
L’ingrediente più importante resta l’investimento sui giovani, in tutti gli ambiti culturali: scienza, tecnica, letteratura, cucina…arte. Sono davvero tanti, ad esempio, gli artisti in Italia, ai quali non bisogna semplicemente offrire la possibilità di esprimersi al meglio attraverso Rassegne di forte impatto, ma bisogna sostenerli, contribuire alla loro credibilità: ci vuole coraggio ed entusiasmo. Questo è quello che dovrebbe succedere in questi innumerevoli Concorsi o Rassegne, bisogna che il pubblico (seppur esiguo) conosca a fondo gli artisti proposti.
Non importa se i giovani entro i 35 anni non vanno nei musei o al teatro, se i cinema registrano un calo o i concerti non fanno più il tutto esaurito. Vorrà dire che sarà la Cultura a raggiungerli, nei luoghi che amano di più: centri commerciali, parchi, palestre, strade. Da qualche anno ormai questa tendenza esiste e riscuote successo, e allora perché aspettare un evento all’anno? Ci vorrebbero inoltre molti più locali che offrano spettacoli dal vivo. Solo dove c’è fermento culturale possono vedersi grandi risultati. Mentre al DAMS di Bologna si cantavano le canzoni dei Beatles o Pink Floyd, nascevano e crescevano Lucio Dalla, Celso Valli, Fio Zanotti, che a loro volta aprivano la strada a Samuele Bersani, Luca Carboni, fino a Cesare Cremonini, passando dal primo Punk suonato in Italia. La storia della Cultura è piena di fenomeni simili. Gli uomini che fanno Cultura devono guardarsi intorno e raccogliere quanto di buono c’è nel proprio territorio, lavorarlo e fare in modo che tutti lo conoscano.
Sembrerà paradossale, ma la Cultura deve essere vista come un prodotto da introdurre nel mercato. E dunque se la Kinder, prima di lanciare nuovi prodotti, scende in strada a fare sondaggi e far degustare le prove, lo stesso o qualcosa di simile dovrà fare chi vuole sviluppare la Cultura. Se per ora i giovani non vanno a teatro non è perché sono disinteressati, ma perché la loro cultura è in altri luoghi; questo anche grazie alle nuove tecnologie. Bisogna coinvolgerli. E allora perché non realizzare un Così fan tutte di Mozart nei vicoli cittadini? Perché non scrivere favole nuove e rappresentarle nei luoghi di ritrovo dei bambini? Perché non organizzare esibizioni di Hip-hop la domenica mattina in piazza? Tanto per dimostrare che quei ragazzacci che fanno strane acrobazie, in realtà sono degli artisti.
Tutto questo è possibile ma ci vuole molta pazienza e tanta determinazione. Bisogna partire da un principio fondamentale: tutti coloro che operano in ambito culturale, dovrebbero vedersi come passeggeri di un’unica barca e, al tempo stesso, come un ottimo equipaggio della stessa. Spesso mi capita di sentire operatori della cultura (artisti e non) esprimere giudizi negativi sui propri colleghi. Non è così che funziona! Sulla giostra di mia figlia c’erano tutti, e tutti ridevano; per far in modo che la giostra giri più velocemente, bisogna che tutti facciano forza su quel grande perno che sembra un grande volante; e tutti nella stessa direzione.

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